“Vendo, ma rimango”: la nuova tendenza del piccolo imprenditore
La storia di Francesco Schittini e dell’ingresso Emotec nel fondo MCP è esemplare dei frequenti cambi di proprietà senza scossoni organizzativi
Quando un imprenditore decide che è arrivato il momento di prendere decisioni importanti per il proprio futuro, e per quello della sua azienda, si avvia un percorso di cambiamento, difficile e pieno di incertezze.
Ma quando le cose vanno bene meritano di essere raccontate, per poi provare a fare qualche considerazione.
L’innovazione chiave del distretto biomedicale di Mirandola
Carlo Bonomi presidente, ma l’ex titolare è amministratore
Francesco Schittini, fondatore della Emotec, piccola impresa biomedicale del distretto mirandolese (descritto nel sito Web www.distrettobiomedicale.it), due anni fa ha venduto l’azienda, che aveva creato e fatto crescere in trent’anni di lavoro, al fondo d’investimento Mindful Capital Partners, ed è stato confermato nel ruolo di amministratore delegato.
In questo modo è stata mantenuta la continuità gestionale, ma con una importante novità.
Il fondo gli ha affiancato un presidente “di peso”: niente meno che Carlo Bonomi, partner di MCP e numero uno uscente di Confindustria.
Nell’intervista che ha recentemente rilasciato al portale Biomednews, egli ha raccontato che, nelle condizioni concordate al momento della vendita al fondo, era previsto che dovesse “…rimanere all’interno della società per due anni, più un anno facoltativo”.
Schittini continua precisando che “…ho un contratto da Amministratore Delegato con pieni poteri e facente le funzioni della proprietà, che ovviamente tiene monitorato l’andamento dell’azienda”, sottolineando che il dover rendere conto “è un passaggio difficile dopo 30 anni di lavoro nella propria impresa”.
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“Continuo a fare il mio lavoro proprio come lo facevo prima”
Altri spunti interessanti l’intervista li offre quando si sposta sugli aspetti umani:
“Continuo a fare il mio lavoro esattamente come lo facevo prima, come se l’azienda fosse ancora mia e questo è un problema perché non mi sono ancora messo l’anima in pace”.
Per descrivere l’impatto sui suoi collaboratori (una quarantina in tutto) racconta:
“In un primo momento erano costernati e un po’ dispiaciuti. Hanno dovuto cercare di comprendere le nuove dinamiche e poi c’è stato un assestamento, con la ridefinizione di alcuni ruoli. Ora sta procedendo tutto tranquillamente anche perché credo che ci siamo comportati bene tutti, sia io come ex proprietario che la nuova proprietà”.
E ancora: “Basti pensare che ci sono persone che lavorano con me in azienda da 25 anni e sapere che magari fra un po’ di tempo non ci si vedrà tutte le mattine fa un certo effetto ma, dal punto di vista operativo, se si ha la fortuna di trovare un’azienda come quella che ho trovato io (il fondo MCP, ndr), che ti offre la possibilità di esprimere le tue potenzialità e ti lascia lavorare, puoi portare avanti il tuo lavoro tranquillamente”.
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Scelto un gruppo serio, in primis a tutela dei posti di lavoro
Dall’intervista emerge anche che la scelta di vendere era stata presa da tempo, però senza fretta:
“Il fondo MCP non è sicuramente stata la prima azienda che ci ha interpellato. Noi abbiamo cercato di valutare le idee del possibile acquirente, assicurandoci che fossero in linea con la nostra filosofia aziendale”.
E ancora: “Abbiamo scelto di prediligere un gruppo serio che avesse in mente un percorso chiaro per non mettere a repentaglio i posti di lavoro dei nostri dipendenti, che volesse crescere e che non avesse intenzione di spostare l’azienda in siti dove avrebbe penalizzato le nostre maestranze”.
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Una bella vicenda, con molti spunti e condizioni interessanti
Dal racconto di Francesco emerge che la scelta dell’acquirente fu fatta tenendo conto di due condizioni preliminari: un percorso di crescita e la salvaguardia del lavoro dei propri collaboratori.
Vista dal lato del fondo d’investimento che ha scelto di acquisire l’azienda di Schittini, le condizioni preliminari richieste erano sostanzialmente le stesse: un potenziale di crescita e una squadra efficace e competitiva.
Altro spunto interessante è la sottolineatura che l’imprenditore fa sull’inevitabile impatto psicologico del continuare a fare le stesse che faceva prima, cose come se l’azienda fosse ancora sua.
Sostanzialmente, è quello che serviva all’acquirente per avere il tempo di organizzarsi.
Un’ultima analisi riguarda i collaboratori che, oltre che condividere con il loro titolare lo stesso impatto psicologico, hanno affrontato la prima ridefinizione di alcuni ruoli.
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Riflessioni conclusive di un osservatore esterno ed esperto
In questi casi, le riflessioni e le note di un “osservatore non partecipante”, come direbbero i sociologi, si possono rivelare particolarmente ficcanti o interessanti. E se ne possono fare almeno quattro.
La prima: se un’azienda ha valori importanti e buone prospettive di mercato, le piccole dimensioni non sono un ostacolo per attirare l’interesse di importanti investitori professionali.
La seconda: bisogna sapere che cosa cercare e quali sono le condizioni irrinunciabili.
La terza: occorre iniziare ad organizzarsi per tempo, senza aspettare che l’acquirente sia già individuato.
La quarta: prepararsi all’impatto psicologico.
La quinta e più importante: avere del c..o!
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