In un’invitante mostra sul Talmūd il "codice sorgente" di Internet
Illustrate a Bologna le notevoli analogie fra l’odierno World Wide Web e il testo ebraico di commento ai sessantatré precetti del Mishnāh
Il Museo Ebraico di Bologna ha inaugurato il 18 settembre la mostra “Il Talmūd. Storia, prospettive e suggestioni del pensiero ebraico”, argomento scelto per rappresentare il tema del rinnovamento, in occasione della ventitreesima “Giornata Europea della Cultura Ebraica”.
Ma perché utilizzare un testo che ha origini antichissime per parlare di modernità?
L’occasione o, meglio, il pretesto è stato dato dal libro “Talmūd e Internet”, scritto da Jonathan Rosen nel 2000, che racconta le notevoli e frequenti analogie tra il testo principale della cultura ebraica (insieme al Tanakh, l’equivalente della Bibbia per tale confessione) e Internet come strumento democratico d’informazione.
Da principio può sembrare davvero un paragone azzardato, tuttavia man mano che si prosegue nella visita alla mostra si nota come le analogie siano davvero lampanti e offrano uno spunto di discussione sul modo di rapportarci agli strumenti di oggi.
“Talmūd” significa studio e, infatti, lo scopo di questo libro è racchiudere i commenti ai precetti del Mishnāh, il testo sacro che riporta divisi in sei capitoli (Sementi, Festività, Donne, Danni, Cose Sacre, Cose Pure) i 63 trattati di leggi e regole che disciplinano l’ebraismo.
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Nella versione Bomberg il dettame al centro e il commento intorno
La versione Bomberg è stata pensata con un layout modulare, con il dettame al centro e intorno il commento.
Una scrittura concentrica e correlativa, che non va letto come un comune libro, ma che è graficamente gestito per una lettura su più livelli che lasci scegliere al lettore verso quali informazioni procedere.
Un metodo simile a quello dei link all’interno di una pagina Web.
Anche in questo caso, in effetti, possiamo leggere una notizia, approfondire un termine o un avvenimento e poi tornare al punto di partenza per proseguire.
Si può avanzare in un argomento soltanto se, davvero, se ne è appreso il significato.
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Toni accesi o irridenti per le discussioni, come in un post su Facebook
Anche l’aspetto della accessibilità, accomuna le due realtà.
Internet ne è il massimo simbolo, poiché permette a chiunque abbia uno schermo e una connessione Internet di accedere a qualsiasi tipo d’informazione.
Esattamente come per il Talmūd, consente di discutere e sviscerare ogni norma per trovare forme sempre più attuali di realizzazione.
Un’immagine molto divertente evocata nel suo libro da Jonathan Rosen è quella che postula la discussione del Talmūd come se fosse un post Facebook.
Infatti, anche i toni usati hanno delle somiglianze.
Nello studio del noto libro ebraico è gradito un confronto accesso che vira spesso e volentieri sul litigio.
Una prassi che molto ha in comune con i modi in cui gli utenti del famoso social network si confrontano costantemente su qualsiasi tipo di notizia.
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L’ultima somiglianza è quella che abbiamo trovato più rappresentativa.
Nella mostra allestita nel capoluogo della Regione Emilia-Romagna vengono spesso citati diversi eventi storici in cui il Talmūd ha subito veri e propri processi o atti di distruzione, come nel caso dell’incendio di Campo de’ Fiori a Roma, ordinato dal Pontefice Giulio III il 12 agosto 1553.
Nei testi che descrivevano l’accaduto si trova la frase “la cultura non può essere distrutta”.
La natura prettamente argomentativa che fonda il Talmūd lo rende un testo culturalmente indistruttibile, proprio perché si è formato grazie alla consapevolezza delle persone.
Ciò avviene esattamente come un testo, un’immagine o un video, che vengono rilasciati nel Web e con ciò diventano parte del bagaglio di un utente, ed eliminarlo diventa impossibile…
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